Le mostre di Accademia

Per diffondere la cultura del silenzio, del rispetto dei luoghi, della ricerca e della meditazione interiore, del piacere di re-imparare a riascoltare: suoni, voci, natura…

I taccuini del Silenzio

agili piccoli volumi da tenere in tasca, da leggere in una pausa della giornata, per una riflessione, un attimo di raccoglimento con noi stessi

Gli spettacoli di Accademia

l’Accademia del Silenzio, organizza con i propri sostenitori silenti numerosi incontri durante l’anno, manifestazioni artistiche e culturali, incontri con autori e professionisti del silenzio

La scuola del Silenzio

l’Accademia del Silenzio, organizza durante l’anno corsi per ...

I convegni di Accademia

l’Accademia del Silenzio, organizza con i propri sostenitori silenti numerosi incontri durante l’anno, manifestazioni artistiche e culturali, incontri con autori e professionisti del silenzio

giovedì 23 agosto 2012

Silenzio come scuola di tolleranza

Ancora una bella segnalazione da parte di Nicola Cisternino  
[…] Chi non vive il silenzio, chi non ne ha fatto l’esperienza, ovvero chi non è passato esistenzialmente attraverso di esso, non può essere tollerante, deve essere rigido e, pertanto, non può essere felice se le cose non vanno come uno vorrebbe o si pensa che dovrebbero andare. Ciò vuol dire che l’esperienza del silenzio sta alla base della libertà, del pluralismo, della tolleranza e della felicità. Chi vive il silenzio sa che le cose si possono dire, fare e pensare in altri modi. Il silenzio non fa violenza alle cose, le colloca al loro posto... (Raimon Panikkar, Beata semplicità. Ed. Cittadella, p. 8-9)

lunedì 13 agosto 2012

Un ricordo di John Cage

Riceviamo e volentieri pubblichiamo da parte di Nicola Cisternino:
In ricordo dei vent'anni della scomparsa di John Cage (ieri 12 agosto) una sua curiosa foto (con David Tudor a Kyoto) e una sua riflessione 'obliqua'.
"...mi aspettavo che qualcosa realizzato nelle arti grafiche fosse ugualmente realizzabile nell'ambito della composizione musicale, ma scoprii con grande sorpresa, che ciò che è orizzontale nell'arte grafica sarà verticale in un'opera musicale. Cioè l'orizzonte è importante per l'occhio, ma il tempo è importante per l'orecchio." (John Cage)

lunedì 6 agosto 2012

Un regalo da farsi

Riflessioni a margine di "Cento giorni sul comò" di Pino Tossici (ed. Book Salad) di Nicoletta Polla-Mattiot
Difficile fare la recensione di una vita, perché di questo si tratta. Non di un romanzo dove è in gioco la coerenza della trama, la credibilità dei personaggi o la voce, quella capacità di inventare mondi e portartici a spasso. Quando il narratore coincide col narrato, leggere ha qualcosa di impudico e profondo, mette in contatto due anime con il solo filtro di un tempo differito. Lo stesso che chi racconta ha messo fra sé e la sua storia. Ricostruire a posteriori un percorso di quel che si è e si è diventati, è un lavoro di scavo, di bonifica e di generazione. Ri-generazione. Niente di più lontano dall'esibizionismo dell'emozione, dall'attitudine alla spettacolarizzazione del privato a cui ci hanno assuefatto anni di reality. La ricerca della verità, della propria verità su di sé, impone tempi che sconfessano i ritmi della rappresentazione, quell'affanno inesausto ad apparire che fa coincidere persona e maschera, in una traduzione piatta e letterale. Occorre darsi il tempo di perdersi, per ritrovarsi, di procedere a caso, per raggiungere una meta che sia una scoperta e non un programma. Perché "il silenzio diventi suono per sé e per gli altri" occorre mettersi in viaggio e scrivere usando tutta "la lentezza" e "la pazienza" della penna. E' a questo lavoro autobiografico che ci richiama Pino Tossici, con un libro che è un regalo da farsi. Per varie ragioni. La prima è il sapore buono dell'autenticità e delle promesse mantenute. La seconda è l'ironia, che è qualità ben diversa dall'intrattenimento sagace. L'ironia appartiene o a chi ha molto sofferto o a chi è molto saggio (e spesso le due cose si tengono per mano), è il dono di chi sa che la vita è materia serissima e proprio per questo va trattata con delicatezza, avvicinata con la mano leggera dello sminatore: sono tante le cose che fanno male, i dolori che ci formano, ma anche deformano e a volte ci deflagrano dentro. Ma se li metti tutti in fila, i dolori e i fatti, le cause e gli effetti, li guardi, li riconosci e li abbandoni (senza tuttavia dimenticarli) finisce che dentro ci trovi pure la felicità. Così la terza ragione per leggere il libro di Pino Tossici è tutta in questa frase che fa anche da presentazione in copertina: "Alla fine della giostra mi resta comunque una certezza: la felicità esiste, o almeno a me sembra di averla incontrata. E se invece non esiste, se è stato solo un sogno o un miraggio, allora vuol dire che scrivendo si può essere felici anche senza". Non un favolistico happy end, ma una possibilità, aperta a chi legge, rilanciata come un testimone che ogni lettore può raccogliere: ritrovare la strada di casa, la propria, e riconoscersi. Per questo, chiudi il libro di Pino Tossici, e cominci il tuo di viaggio. E questa è la quarta e la migliore ragione per leggerlo.
E se non puoi la vita che desideri/ cerca almeno questo/ per quanto sta in te: non sciuparla/ nel troppo commercio con la gente/ con troppe parole in un viavai frenetico./ Non sciuparla portandola in giro/ in balìa del quotidiano/ gioco balordo degli incontri/ e degli inviti,/ fino a farne una stucchevole estranea. Constantinos Kavafis